Ottima presenza di pubblico alla commemorazione di Don Carlo Terenziani sacerdote scandianese assassinato dai partigiani comunisti il 29 aprile del 1945, ricorre oggi il 67esimo anniversario della morte del sacerdote, anche allora era una domenica mattina, erano presenti oltre al capogruppo del Pdl alla provincia Giuseppe Pagliani, il consigliere scandianese de La Destra Alessandro Nironi, il coordinatore del laboratorio giovani, idee e proposte per Scandiano Marco Montipò ed il Vice Stefano Saccaggi oltre al capogruppo Pdl alla circoscrizione Sud Luca Vezzani oltre a numerose persone della zona che conoscevano direttamente od indirettamente la storia di Don Terenziani Prevosto di Ventoso al quale si deve la costruzione della chiesa e dell’asilo parrocchiale.
Ancora una volta è gravemente latitata l’amministrazione comunale di Scandiano condizionata da pregiudizi ideologici che non hanno alcuna giustificazione storiografica. Le gravi attribuzioni di responsabilità nei confronti di Don Carlo Terenziani partono da eventi falsati e riprodotti con ritardo di anni volti solo a screditare il prete che era stato in passato cappellano militare durante il fascismo sino al settembre 1943. Anche Romano Prodi in uno dei saggi di Giampaolo Pansa parla dell’evento come testimone oculare con la sorella dell’evento avvenuto la mattina in cui era stato accompagnato a messa a San Ruffino dove viveva la famiglia Prodi.
Giuseppe Pagliani capogruppo Pdl in provincia
INTERVISTA A ROBERTO BERETTA SU DON CARLO TERENZIANI
Per conoscere fatti e implicazioni della vicenda, Zenit ha
intervistato Roberto Beretta, giornalista di "Avvenire" e
scrittore, autore del libro "Storia dei preti uccisi dai
partigiani" (Piemme 2005, pp.320, Euro 14,90).
Chi era don Carlo Terenziani?
Beretta: E’ uno dei 129 preti uccisi dai partigiani in tutt’Italia
nel dopoguerra, ma nello stesso tempo è anche un simbolo:
perché venne assassinato il 29 aprile 1945, prima domenica
dell’Italia senza guerra; come per ammonire che la violenza
non sarebbe finita con la Liberazione. Quel giorno don Carlo
fu rapito a Reggio Emilia – in pieno centro, alle 11 di
mattina e mentre era già sui gradini del santuario della
Ghiara, il più caro ai reggiani, dove andava per dire
Messa – da tre o quattro uomini che lo caricarono su un’auto;
fece appena in tempo a chiedere di avvisare il Vescovo.
Anche il giovanissimo Romano Prodi (intervistato di recente
da Bruno Vespa) ha ricordato di aver assistito a quell’episodio,
mentre la sorella maggiore gli metteva la mano sugli occhi
perché non ne vedesse la crudeltà. Il commando portò don
Terenziani prima a Cà de Caroli – dove il sacerdote aveva
fatto costruire chiesa, asilo e cimitero -, facendogli fare
il giro delle strade al grido di "È arrivato il porco!
Venite a vederlo!"; poi, siccome la gente invece di
acclamare i partigiani si ritraeva dalle finestre e si
chiudeva nelle case, si diresse verso Ventoso, frazione di
Scandiano di cui don Terenziani era parroco. Lì fecero bere
vino rosso alla vittima e poi attesero l’uscita dei fedeli
dalla Messa cantata per giustiziarlo a colpi di mitra vicino
al cimitero. Pare che le ultime parole del prete, che aveva
45 anni, siano state: "Viva Cristo Re!".
Perché fu ucciso?
Beretta: Don Terenziani era stato minacciato più volte di
morte, ufficialmente perché era stato cappellano della
Milizia volontaria di sicurezza nazionale e della Gioventù
del Littorio ("in seguito a nomina fattami da Mons. Vescovo",
scrisse peraltro nella sua lettera-testamento) e perché fu
accusato di aver provocato il rastrellamento nazista di
Ventoso il 28 luglio 1944; l’accusa di essere spie era del
resto la più facile e comune per i molti preti assassinati
in quel periodo. Dopo il suo assassinio vennero fatte
circolare voci ancora più assurde, come quelle di essere un
torturatore, di aver strozzato due partigiani con le sue
mani e altri averne fatti murare vivi in una cella segreta
del carcere.
Così la Curia stessa aveva fatto riparare don Carlo nel
capoluogo per proteggerlo. Credo però che il vero motivo
dell’omicidio fu che don Terenziani (il quale proveniva da
una cattolicissima famiglia di 15 figli, di cui ben 8
consacrati: tre suore, quattro preti e un religioso)
apparteneva al manipolo scelto dei "missionari predicatori"
della diocesi (dello stesso gruppo facevano parte anche due
altri martiri del "triangolo della morte", don Umberto
Pessina e don Pasquino Borghi – quest’ultimo ucciso dai
nazisti), reggeva con polso la sua difficile parrocchia
quasi totalmente "rossa" e proprio il successo di tale
dedizione (don Carlo era anche eccellente compositore di
canzoni religiose) dava fastidio ai numerosi anticlericali
della zona.
Cosa pensa della decisione del consiglio comunale di
Scandiano di rifiutare la targa commemorativa a don Carlo?
Beretta: E’ incredibile e anche molto doloroso che, sessant’anni
dopo i fatti (e fatti di quella gravità ed ingiustizia),
ancora ci si accanisca in una lettura ideologica che
impedisce alla verità di venire a galla. Oggi a Ventoso don
Terenziani è ricordato solo da una piccola lapide, senza
alcuna indicazione delle circostanze e delle responsabilità
della sua morte: quasi che sia "tragicamente scomparso" in
un incidente stradale…
Al di là delle accuse ribadite contro di lui, che hanno
tutta l’aria di essere pretestuose né ci fu alcun processo
per accertare la verità, bisognerebbe almeno prendere atto
di ciò che il sacerdote scrisse al Comitato di Liberazione
Nazionale (Cln) di Ventoso la mattina stessa della sua
uccisione, ancora ignaro della sua sorte: "Ringrazio Iddio
che abbia dato la vittoria al Comitato Nazionale di
liberazione. Aderisco pienamente al programma di Giustizia,
di Pace e di Libertà in bene del popolo. Per il bene del
popolo sono disposto a cooperare con cotesto spett. Comitato
(per il bene del popolo infatti io ho costruito la Chiesa e
l’Asilo di Cà de Caroli).
Lo stesso Prodi ha dichiarato che "non si può essere
contrari a riflettere su questo capitolo della nostra
storia"; invece evidentemente a Ventoso si è deciso di
rimanere a 60 anni fa, quando persino la grande croce eretta
sul luogo dell’esecuzione di don Terenziani venne rimossa
nottetempo. Questa persistente insofferenza ad ogni segno di
pietà e di giustizia è un brutto indice per il futuro e temo
purtroppo che non mancherà di rivoltarsi contro chi ancora
la sostiene, perpetuando l’odio ancora a lungo.