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 COMMEMORAZIONE DON CARLO TERENZIANI: IL SINDACO MAMMI DISERTA LA COMMEMORAZIONE NONOSTANTE CHE ANCHE ROMANO PRODI HA RICONOSCIUTO IL BARBARO OMICIDIO DEL POVERO DON CARLO

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COMMEMORAZIONE DON CARLO TERENZIANI: IL SINDACO MAMMI DISERTA LA COMMEMORAZIONE NONOSTANTE CHE ANCHE ROMANO PRODI HA RICONOSCIUTO IL BARBARO OMICIDIO DEL POVERO DON CARLO Empty
MessaggioTitolo: COMMEMORAZIONE DON CARLO TERENZIANI: IL SINDACO MAMMI DISERTA LA COMMEMORAZIONE NONOSTANTE CHE ANCHE ROMANO PRODI HA RICONOSCIUTO IL BARBARO OMICIDIO DEL POVERO DON CARLO   COMMEMORAZIONE DON CARLO TERENZIANI: IL SINDACO MAMMI DISERTA LA COMMEMORAZIONE NONOSTANTE CHE ANCHE ROMANO PRODI HA RICONOSCIUTO IL BARBARO OMICIDIO DEL POVERO DON CARLO Icon_minitimeDom Apr 29, 2012 10:44 pm

COMMEMORAZIONE DON CARLO TERENZIANI: IL SINDACO MAMMI DISERTA LA COMMEMORAZIONE NONOSTANTE CHE ANCHE ROMANO PRODI HA RICONOSCIUTO IL BARBARO OMICIDIO DEL POVERO DON CARLO 20120410

COMMEMORAZIONE DON CARLO TERENZIANI: IL SINDACO MAMMI DISERTA LA COMMEMORAZIONE NONOSTANTE CHE ANCHE ROMANO PRODI HA RICONOSCIUTO IL BARBARO OMICIDIO DEL POVERO DON CARLO 20120411


Ottima presenza di pubblico alla commemorazione di Don Carlo Terenziani sacerdote scandianese assassinato dai partigiani comunisti il 29 aprile del 1945, ricorre oggi il 67esimo anniversario della morte del sacerdote, anche allora era una domenica mattina, erano presenti oltre al capogruppo del Pdl alla provincia Giuseppe Pagliani, il consigliere scandianese de La Destra Alessandro Nironi, il coordinatore del laboratorio giovani, idee e proposte per Scandiano Marco Montipò ed il Vice Stefano Saccaggi oltre al capogruppo Pdl alla circoscrizione Sud Luca Vezzani oltre a numerose persone della zona che conoscevano direttamente od indirettamente la storia di Don Terenziani Prevosto di Ventoso al quale si deve la costruzione della chiesa e dell’asilo parrocchiale.

Ancora una volta è gravemente latitata l’amministrazione comunale di Scandiano condizionata da pregiudizi ideologici che non hanno alcuna giustificazione storiografica. Le gravi attribuzioni di responsabilità nei confronti di Don Carlo Terenziani partono da eventi falsati e riprodotti con ritardo di anni volti solo a screditare il prete che era stato in passato cappellano militare durante il fascismo sino al settembre 1943. Anche Romano Prodi in uno dei saggi di Giampaolo Pansa parla dell’evento come testimone oculare con la sorella dell’evento avvenuto la mattina in cui era stato accompagnato a messa a San Ruffino dove viveva la famiglia Prodi.





Giuseppe Pagliani capogruppo Pdl in provincia









INTERVISTA A ROBERTO BERETTA SU DON CARLO TERENZIANI



Per conoscere fatti e implicazioni della vicenda, Zenit ha

intervistato Roberto Beretta, giornalista di "Avvenire" e

scrittore, autore del libro "Storia dei preti uccisi dai

partigiani" (Piemme 2005, pp.320, Euro 14,90).



Chi era don Carlo Terenziani?



Beretta: E’ uno dei 129 preti uccisi dai partigiani in tutt’Italia

nel dopoguerra, ma nello stesso tempo è anche un simbolo:

perché venne assassinato il 29 aprile 1945, prima domenica

dell’Italia senza guerra; come per ammonire che la violenza

non sarebbe finita con la Liberazione. Quel giorno don Carlo

fu rapito a Reggio Emilia – in pieno centro, alle 11 di

mattina e mentre era già sui gradini del santuario della

Ghiara, il più caro ai reggiani, dove andava per dire

Messa – da tre o quattro uomini che lo caricarono su un’auto;

fece appena in tempo a chiedere di avvisare il Vescovo.

Anche il giovanissimo Romano Prodi (intervistato di recente

da Bruno Vespa) ha ricordato di aver assistito a quell’episodio,

mentre la sorella maggiore gli metteva la mano sugli occhi

perché non ne vedesse la crudeltà. Il commando portò don

Terenziani prima a Cà de Caroli – dove il sacerdote aveva

fatto costruire chiesa, asilo e cimitero -, facendogli fare

il giro delle strade al grido di "È arrivato il porco!

Venite a vederlo!"; poi, siccome la gente invece di

acclamare i partigiani si ritraeva dalle finestre e si

chiudeva nelle case, si diresse verso Ventoso, frazione di

Scandiano di cui don Terenziani era parroco. Lì fecero bere

vino rosso alla vittima e poi attesero l’uscita dei fedeli

dalla Messa cantata per giustiziarlo a colpi di mitra vicino

al cimitero. Pare che le ultime parole del prete, che aveva

45 anni, siano state: "Viva Cristo Re!".



Perché fu ucciso?



Beretta: Don Terenziani era stato minacciato più volte di

morte, ufficialmente perché era stato cappellano della

Milizia volontaria di sicurezza nazionale e della Gioventù

del Littorio ("in seguito a nomina fattami da Mons. Vescovo",

scrisse peraltro nella sua lettera-testamento) e perché fu

accusato di aver provocato il rastrellamento nazista di

Ventoso il 28 luglio 1944; l’accusa di essere spie era del

resto la più facile e comune per i molti preti assassinati

in quel periodo. Dopo il suo assassinio vennero fatte

circolare voci ancora più assurde, come quelle di essere un

torturatore, di aver strozzato due partigiani con le sue

mani e altri averne fatti murare vivi in una cella segreta

del carcere.

Così la Curia stessa aveva fatto riparare don Carlo nel

capoluogo per proteggerlo. Credo però che il vero motivo

dell’omicidio fu che don Terenziani (il quale proveniva da

una cattolicissima famiglia di 15 figli, di cui ben 8

consacrati: tre suore, quattro preti e un religioso)

apparteneva al manipolo scelto dei "missionari predicatori"

della diocesi (dello stesso gruppo facevano parte anche due

altri martiri del "triangolo della morte", don Umberto

Pessina e don Pasquino Borghi – quest’ultimo ucciso dai

nazisti), reggeva con polso la sua difficile parrocchia

quasi totalmente "rossa" e proprio il successo di tale

dedizione (don Carlo era anche eccellente compositore di

canzoni religiose) dava fastidio ai numerosi anticlericali

della zona.



Cosa pensa della decisione del consiglio comunale di

Scandiano di rifiutare la targa commemorativa a don Carlo?



Beretta: E’ incredibile e anche molto doloroso che, sessant’anni

dopo i fatti (e fatti di quella gravità ed ingiustizia),

ancora ci si accanisca in una lettura ideologica che

impedisce alla verità di venire a galla. Oggi a Ventoso don

Terenziani è ricordato solo da una piccola lapide, senza

alcuna indicazione delle circostanze e delle responsabilità

della sua morte: quasi che sia "tragicamente scomparso" in

un incidente stradale…

Al di là delle accuse ribadite contro di lui, che hanno

tutta l’aria di essere pretestuose né ci fu alcun processo

per accertare la verità, bisognerebbe almeno prendere atto

di ciò che il sacerdote scrisse al Comitato di Liberazione

Nazionale (Cln) di Ventoso la mattina stessa della sua

uccisione, ancora ignaro della sua sorte: "Ringrazio Iddio

che abbia dato la vittoria al Comitato Nazionale di

liberazione. Aderisco pienamente al programma di Giustizia,

di Pace e di Libertà in bene del popolo. Per il bene del

popolo sono disposto a cooperare con cotesto spett. Comitato

(per il bene del popolo infatti io ho costruito la Chiesa e

l’Asilo di Cà de Caroli).

Lo stesso Prodi ha dichiarato che "non si può essere

contrari a riflettere su questo capitolo della nostra

storia"; invece evidentemente a Ventoso si è deciso di

rimanere a 60 anni fa, quando persino la grande croce eretta

sul luogo dell’esecuzione di don Terenziani venne rimossa

nottetempo. Questa persistente insofferenza ad ogni segno di

pietà e di giustizia è un brutto indice per il futuro e temo

purtroppo che non mancherà di rivoltarsi contro chi ancora

la sostiene, perpetuando l’odio ancora a lungo.
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